lunedì 12 novembre 2012

"Acquaraggia" calabrese: i misteri dell'Alaco


La videoinchiesta di Crash su RaiStoria sull'invaso dell'Alaco. La battaglia della gente di Serra San Bruno contro la multinazionale dell'acqua. 

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Migliaia di cittadini vedono arrivare nei loro rubinetti un'acqua che puzza e ha un colore marroncino. Arriva dall'invaso dell'Alaco, realizzato in circa 30 anni. Un progetto sulla carta da 15 miliardi di lire, ma costato dieci volte tanto, e che ha conosciuto, tra il 1985 e il 1996, sei varianti e nove sospensioni dei lavori. L'invaso fornisce l'acqua a circa 400mila persone che abitano in 80 comuni. In quell'acqua c'è qualcosa che non va. La prova? Il 17 maggio scorso la Procura di Vibo Valentia ha fatto sequestrare l’impianto di potabilizzazione e altre 57 strutture tra serbatoi, sorgenti, pozzi e partitori. A questa storia e alle sue implicazioni sulla salute di un pezzo di Calabria, la trasmissione Crash ha dedicato una videoinchiesta (firmata da Giulia Zanfino, Sergio Pelaia, Sergio Gambino e dal videomaker Mauro Nigro, con la collaborazione di Emilio Grimaldi) che andrà in onda stasera alle 23 su RaiStoria.

L'inchiesta inizia due settimane prima del sequestro, nel maggio 2012. E cristallizza le verità dei vertici di Sorical – che poi saranno indagati – sul contestatissimo invaso. C'è quella di Sergio De Marco, responsabile generale tecnico dell'azienda mista («Questa infrastruttura finalmente è stata resa operativa e la comunità fruisce dei suoi benefici»), che si scontra con le parole dei cittadini intervistati a Serra San Bruno, vera roccaforte – grazie all'associazione "I briganti" – della ribellione a Veolia, multinazionale francese che gestisce l'acqua in Calabria al costo di 500mila euro all'anno per tutta la rete idrica. Praticamente niente.
La gente non beve quel liquido perché emana cattivo odore, nonostante il presidente del consiglio comunale di Serra San Bruno, Giuseppe De Raffaele, si sia premurato di creare addirittura una pagina facebook per spiegare che si tratta soltanto di «allarmismo». La difesa virtuale dell'amministrazione cozza con l'evidenza fisica delle immagini: la schiuma arancione sul lago, per esempio, non invita alla serenità. Così come le storie raccolte nell'inchiesta. Le testimonianze mettono in dubbio che la bonifica dell'invaso sia mai avvenuta. E lasciano affiorare ricordi sinistri, come quelli dei camion («uno rosso e uno bianco») che – in passato – sarebbero stati fatti scomparire sul fondo paludoso dell'Alaco.
Ma che il terreno fosse inadeguato a ospitare un invaso si sapeva dal 1988, quando uno studio dell'Università di Messina aveva chiarito che l'area era troppo “carica” di ferro e manganese. Un'obiezione davanti alla quale la Sorical ha risposto, in un documento ufficiale, che la questione non era preoccupante, perché i due elementi sono previsti nella dieta mediterranea.
(da Il Corriere della Calabria)

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