Corte cost. sent. n. 310/06 (risorse idriche)
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA,
Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita
SAULLE, Giuseppe TESAURO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 56, commi 1, 2 e
3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia
di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela
delle acque dall'inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali
A.T.O. per la gestione del servizio idrico integrato), promosso con ordinanza
del 28 febbraio 2005 dal Commissario per la liquidazione degli usi civici per
la Regione Calabria, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 2005 e
pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno
2005.
Ritenuto
in fatto
1.— Il Commissario per la liquidazione
degli usi civici per la Regione Calabria, con ordinanza emessa in data
28 febbraio 2005, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell'art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria 3 ottobre
1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle
risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento. Delimitazione degli
ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del servizio idrico
integrato), per contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, anche
in riferimento alla legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del
regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi
civici nel Regno, del regio decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica
l'art. 26 del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del regio decreto 16
maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art. 2 del regio
decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751), nonché al regio decreto 26 febbraio 1928,
n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno
1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno) e alla legge 31
gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane).
Le disposizioni citate sono sospettate di
illegittimità costituzionale nella parte in cui consentono che i beni gravati
da usi civici, qualora oggetto di intervento per la realizzazione di opere
pubbliche o di pubblico interesse, promosse da enti od organismi pubblici o
privati delegati allo scopo e relative a reti per il trasporto di liquidi,
aeriformi, energia elettrica, e con tali beni anche i loro accessori
(manufatti, impianti, ecc.) interrati, possano essere sottratti alla loro
destinazione mediante provvedimento autorizzatorio del sindaco.
Il primo dei suddetti
giudizi veniva incardinato, in origine, con ricorso proposto dal Comitato
regionale Legambiente Calabria. Con ordinanza del 26 ottobre 2004, il Commissario per la liquidazione
degli usi civici, dopo aver dichiarato la nullità del suddetto ricorso,
procedeva di ufficio all'accertamento – già richiesto dal predetto Comitato –
della qualitas soli
del terreno sito in località “Mezzana”, nel Comune di San Demetrio Corone,
concesso «in locazione» dal Comune all'Ente nazionale per l'energia elettrica
(ENEL), per la costruzione della cabina primaria di 150/20 KV.
3.— Il Commissario premette che il Comune di San Demetrio Corone ha stipulato con l'ENEL una convenzione che
prevede la costruzione, da parte di quest'ultima società, di una cabina
elettrica nel territorio comunale (località bosco di “Mezzana”), e riferisce,
in sintesi, le rispettive difese prospettate nei giudizi a quibus.
La localizzazione
dell'opera è stata ritenuta dal Comitato regionale Legambiente Calabria
illegittima, in quanto relativa ad un fondo appartenente al demanio comunale
gravato da usi civici. Ad avviso del Comune de
quo, nonché dell'ENEL, il fondo in questione non sarebbe
sottoposto, invece, al regime degli usi civici; d'altro canto, la cabina
elettrica sarebbe conforme alle disposizioni normative vigenti, in ragione di
quanto previsto dall'art. 56 della legge della Regione Calabria n. 10 del 1997.
4.— Tanto rilevato, il rimettente osserva che
la natura demaniale del fondo in questione e la sottoposizione ad usi civici
del medesimo sono state accertate con la propria sentenza,
n. 3, pronunciata in data 30 giugno 2004, con la quale si è stabilito che il
bosco “Mezzana”, in località Macchia Albanese del Comune di San Demetrio
Corone, era gravato da usi civici ai sensi dell'art. 4, primo comma, della
legge n. 1766 del 1927 (il quale prevede che rientrano nella classe degli usi
civici “essenziali” - in quanto il personale esercizio è riconosciuto necessario
per i bisogni della vita - quelli aventi ad oggetto i diritti di pascere e
abbeverare il proprio bestiame, raccogliere legna per uso domestico o di
personale lavoro, seminare mediante corrisposta al proprietario). Rileva,
quindi, come la sottrazione di un bene gravato da usi civici a detta
destinazione debba avvenire con le forme e nei limiti previsti dalla normativa
primaria.
5.— L'art. 56 della legge regionale n. 10 del
1997 si porrebbe, secondo il Commissario, in chiara dissonanza con la previsione
contenuta nell'art. 12 della legge n. 1766 del 1927, che – con riguardo ai
terreni utilizzabili come bosco o come pascolo permanente – stabilisce che i
Comuni non possono, senza l'autorizzazione, già dell'autorità statale, ora
dell'autorità regionale (e ciò in base a quanto previsto dall'art. 66 del
d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che reca “Attuazione della delega di cui
all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”), alienarli o mutarne la
destinazione, nonché con quanto stabilito dall'articolo 41 del r.d. n. 332 del
1928, ove si afferma che una diversa destinazione, se richiesta dai Comuni,
potrà essere stabilita solo qualora rappresenti un reale beneficio per la
generalità degli abitanti.
Ad avviso del rimettente, la norma della
Regione Calabria sospettata di illegittimità costituzionale si discosta da
quanto previsto dalla legge n. 1766 del 1927, sia perché consente di pervenire
ad una modificazione implicita della destinazione dei beni di uso civico
attraverso un procedimento che non prevede l'intervento del consiglio comunale,
sia perché prescinde completamente dall'autorizzazione dell'ente regionale.
Le disposizioni in questione sarebbero,
pertanto, costituzionalmente illegittime, in ragione di argomentazioni analoghe
a quelle già enunciate dalla Corte con la sentenza n. 345 del 1997, con la
quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale della legge della
Regione Abruzzo 27 aprile 1996, n. 23 (Impianti pubblici o di pubblico
interesse), in quanto lesiva dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo
della ragionevolezza.
6.— Il Commissario richiama la motivazione
della citata sentenza, ritenendo che la stessa possa valere anche in ordine
alla disposizione de qua;
ed infatti, anche tale norma sarebbe in contrasto, da un lato, con il canone
della ragionevolezza (art. 3, primo comma, della Costituzione), poiché,
nell'intento di snellire il procedimento per il mutamento di destinazione,
collega automaticamente l'estinzione dell'uso civico all'autorizzazione del
sindaco alla realizzazione dell'opera, dall'altro, con la legislazione statale,
in particolare con la legge n. 1766 del 1927, e con la legge n. 97 del 1994,
relativa ai territori montani, quale è il Comune di San Demetrio Corone.
7.— Espone il rimettente che la questione,
oltre che non manifestamente infondata per le ragioni indicate, è altresì
rilevante nei giudizi a quibus,
perché sono certe la natura demaniale e la sottoposizione agli usi civici del
fondo nel quale è in atto l'intervento edificatorio-industriale dell'ENEL, e
assume rilievo la competenza al rilascio dell'autorizzazione a eseguire gli
impianti di rete, che sono qualificati come opere di urbanizzazione nelle quali
si concreta una diversa esplicazione del diritto di godimento a favore della
collettività utente.
8.— Si è
costituito il Comitato regionale Legambiente Calabria che, aderendo alle
argomentazioni del giudice a quo,
ha concluso per la declaratoria di illegittimità costituzionale. A sostegno
delle proprie difese, anche il Comitato ha richiamato le argomentazioni della
sentenza di questa Corte n. 345 del 1997, nonché la sentenza del Commissario
agli usi civici della Calabria n. 3 del 2004. Quindi, ha rilevato come il fondo
in questione sia sottoposto a vincolo paesaggistico ex lege 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze
naturali), per opera dell'art. 82, quinto comma, lettera h), del d.P.R. n. 616 del 1977,
oggi art. 142, comma 1, lettera h),
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), che
stabilisce che sono comunque di interesse paesaggistico le zone gravate da usi
civici, con la conseguenza che i progetti delle opere che vi si intendano
eseguire sono sottoposti ad autorizzazione, previa verifica della compatibilità
paesaggistica.
Il Comitato censura le
disposizioni in esame non solo per la ritenuta lesione del canone della
ragionevolezza, ma anche per l'asserita violazione della Costituzione, in
particolare degli articoli 9, che enuncia il principio della tutela del
paesaggio, 44, che afferma il principio del razionale sfruttamento del suolo, e
117, secondo comma, lettera s),
che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ambiente.
Considerato
in diritto
1.— Il Commissario per la liquidazione
degli usi civici per la Regione Calabria dubita della legittimità
costituzionale dell'art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Calabria
3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e razionale
utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento.
Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per la gestione del
servizio idrico integrato), ritenuto in contrasto con l'art. 3, primo comma,
della Costituzione, anche in riferimento alla legge 16 giugno 1927, n. 1766
(Conversione in legge del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il
riordinamento degli usi civici nel Regno, del regio decreto 28 agosto 1924, n.
1484, che modifica l'art. 26 del regio decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del
regio decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall'art.
2 del regio decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751), nonché al regio decreto 26
febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della
legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici del Regno) e
alla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane).
I giudizi a quibus, riuniti in unico procedimento, hanno ad oggetto
l'accertamento della qualitas
soli del terreno sito in località “Mezzana”, nel Comune di San
Demetrio Corone, concesso «in locazione» dal suddetto Comune all'Ente nazionale
per l'energia elettrica (ENEL), per la costruzione di una cabina primaria di
150/20 KV.
2.— Le norme sottoposte al vaglio di
costituzionalità stabiliscono: «1. Le opere pubbliche o di pubblico interesse
promosse da enti od organismi pubblici o privati delegati allo scopo e relative
a reti per il trasporto di liquidi, aeriformi, energia elettrica, nonché i loro
accessori (manufatti, impianti, ecc.) interrati, si configurano quali opere di
urbanizzazione e, pertanto, non necessitano di conformità urbanistica e non
sono soggette a concessione edilizia ma a semplice autorizzazione da parte
delle Amministrazioni comunali competenti per territorio».
«3. Nel caso che le opere di cui al comma 1
interessino i terreni sui quali gravano usi civici di cui alla legge 16 giugno
1927, n. 1766, il provvedimento autorizzatorio del Sindaco di cui al comma 1 e
l'approvazione di cui al comma 2, determina l'immediata utilizzabilità dei
suoli interessati, concretando, quella autorizzata, una diversa esplicazione
del diritto collettivo di godimento a favore della collettività utente e
proprietaria dei beni, non ricorrendo la fattispecie di cui agli articoli 12
della legge n. 1766 del 1927 e 41 del regio decreto n. 332 del 1928».
3.— Le disposizioni impugnate sono censurate
nella parte in cui prevedono che i terreni, sui quali gravano usi civici,
possano essere sottratti alla loro destinazione con la sola determinazione
dell'ente locale, qualora debbano essere realizzate opere pubbliche o di
pubblico interesse, che siano promosse da enti o da organismi pubblici o
privati delegati allo scopo.
Ad avviso del rimettente, infatti, le norme
consentirebbero la realizzazione della cabina elettrica primaria sul fondo de quo, destinato ad usi
civici, soltanto su autorizzazione del sindaco, e pertanto si porrebbero in
contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo della
ragionevolezza, in quanto, incidendo sulla procedura di mutamento di
destinazione dei suoli gravati da usi civici, derogherebbero a quanto previsto
dalla legge n. 1766 del 1927, dal regio decreto n. 332 del 1928, nonché dalla
legge n. 97 del 1994.
Il Commissario dubita, pertanto, della
legittimità costituzionale delle impugnate disposizioni regionali, in quanto le
stesse, da un lato, modificano il regime formale delle competenze, attribuendo
al sindaco funzioni regionali e, dall'altro, statuiscono che le opere relative
alla realizzazione degli impianti di rete debbano essere considerate, sempre e
comunque, opere di urbanizzazione, nella cui realizzazione si concreta una
diversa esplicazione del diritto di godimento a favore della collettività
utente e proprietaria dei beni.
4.— Si è
costituito nel giudizio il Comitato regionale Legambiente Calabria deducendo
l'illegittimità costituzionale della legge regionale, in parte qua, e prospettando la
lesione di ulteriori parametri costituzionali, individuati negli articoli 9, 44
e 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione.
5.— Preliminarmente, occorre precisare che la
questione di legittimità costituzionale deve essere esaminata entro i limiti
del thema decidendum,
come individuato dall'ordinanza di rimessione. Secondo il costante orientamento
di questa Corte rimane, infatti, estraneo al giudizio di costituzionalità
l'esame di questioni diverse da quelle prospettate dal giudice rimettente, con
riferimento ad ulteriori parametri costituzionali non evocati da quest'ultimo
(v. tra le altre, ordinanza n. 202 del 2006).
7.— Questa Corte, in una fattispecie
sostanzialmente analoga, relativa alla legge della Regione Abruzzo 27 aprile
1996, n. 23 (Impianti pubblici o di pubblico interesse), con sentenza n. 345
del 1997, è pervenuta alla dichiarazione di illegittimità costituzionale della
legge stessa per contrasto con il canone della ragionevolezza, di cui all'art.
3 della Costituzione.
La Corte, nella suddetta pronuncia, ha
affermato che «le norme statali, contenute nella legge 16 giugno 1927, n. 1766
(...), e nell'art. 41 del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (...),
richiedono che le limitazioni o la liquidazione dei diritti di uso civico siano
precedute dall'assegnazione dei suoli alla categoria sub lettera a) dell'art. 11 della legge n.
1766 e – qualora inclusi in questa – alienati o mutati nella destinazione
previa l'autorizzazione ministeriale (art. 12), ora regionale (art. 66 del
d.P.R. n. 616 del 1977). Autorizzazione che, tuttavia, non assorbe le valutazioni
del Ministro per i beni culturali e ambientali».
Si è ravvisata, pertanto,
«una stretta connessione fra “l'interesse della collettività generale alla
conservazione degli usi civici nella misura in cui essa contribuisce alla
salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio”, in ragione del vincolo paesaggistico
di cui alla legge n. 1497 del 1939, sancito dall'art. 82, quinto comma, lettera
h), del d.P.R. n. 616
del 1977, (...), che è garantito dal potere di iniziativa processuale dei
Commissari, e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede
locale, corrispondente agli interessi di quelle popolazioni, di cui sono
diventate esponenti le Regioni ai sensi degli artt. 117 e 118 della
Costituzione».
La Corte, quindi, ha
ritenuto sussistere «il contrasto della legge censurata con la disciplina
statale, che prevede l'obbligatorietà del procedimento di “assegnazione a
categoria” dei terreni civici da alienare o mutare nella destinazione e postula
la compatibilità del programma di trasformazione con le valutazioni
paesistiche».
Data la sostanziale coincidenza della
questione ora in esame con quella sulla quale è intervenuta la citata sentenza,
questa Corte ritiene che per la impugnata legge della Regione Calabria debba
pervenirsi alle medesime conclusioni e sulla base, sostanzialmente, delle
argomentazioni su cui poggia la pronuncia richiamata.
8.— Infatti, la disciplina dettata dagli
artt. 11 e 12 della legge n. 1766 del 1927 e dall'art. 41 del regio decreto n.
332 del 1928, stabilisce che i Comuni non
possono alienare o mutare la destinazione dei terreni su cui si esercitano usi
civici, “essenziali” o “utili” (artt. 1 e 4 della legge n. 1766 del 1927),
sussunti nella categoria dei “terreni convenientemente utilizzabili come bosco
o come pascolo permanente”, senza l'autorizzazione, già ministeriale, ora
dell'autorità regionale (e ciò in base a quanto previsto dall' art. 66
del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 che reca “Attuazione della delega di cui
all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382”). L'art. 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), a sua volta, prevede che
sono comunque di interesse paesaggistico le zone gravate da usi civici. Da ciò
consegue che, come stabilito dall'art. 146, comma 1, del medesimo decreto
legislativo, devono essere sottoposti alla valutazione della Regione – o
dell'ente locale al quale la Regione abbia delegato le relative funzioni – i progetti
delle opere che si intendano eseguire sugli stessi, affinché ne sia accertata
la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata la relativa autorizzazione a
realizzarli.
9.— L'art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge
della Regione Calabria n. 10 del 1997 prevede, invece, una regolamentazione
diversa dalla disciplina sopra richiamata. A tal proposito, occorre rilevare
come nella struttura della suddetta normativa regionale, sottoposta al vaglio
di costituzionalità, non si rinvenga una specifica causa giustificatrice, dalla
quale si possano dedurre, sul piano costituzionale, le ragioni poste a base
della suddetta deroga (cfr. sentenza n. 432 del 2005).
9.1.— La disciplina statale sopra richiamata
tende a garantire l'interesse della collettività generale alla conservazione
degli usi civici – in relazione anche al vincolo paesaggistico di cui all'art.
142, comma 1, lettera h),
del d.lgs. n. 42 del 2004 – così contribuendo alla salvaguardia dell'ambiente e
del paesaggio. Nella specie, il legislatore
regionale ha operato un'assimilazione, del tutto irragionevole, tra godimento
collettivo di un terreno sottoposto ad uso civico e l'interesse alla
realizzazione sullo stesso di un'opera funzionale ad un impianto di rete per il
trasporto di energia elettrica, modificando, senza una giustificazione
razionale, la procedura prevista dal legislatore statale per il mutamento di
destinazione del bene.
9.2.— Sotto altro aspetto, va osservato –
come ha già rilevato la citata sentenza n. 345 del 1997 – che vi è una stretta
connessione fra l'interesse della collettività alla conservazione degli usi
civici e il principio democratico di partecipazione alle decisioni in sede
locale, corrispondente agli interessi di quelle popolazioni, di cui sono
diventate esponenti le Regioni.
La legge regionale
impugnata, invece, attribuisce all'amministrazione comunale il potere di
rilasciare un'autorizzazione che ha l'effetto di rendere immediatamente
utilizzabili i suoli destinati ad uso civico. «Tutto ciò sul presupposto, astratto e
generalizzato, che la realizzazione degli impianti a rete, destinati alle
telecomunicazioni, al trasporto energetico, dell'acqua e del gas, nonché allo
smaltimento dei liquami, costituisca “una diversa esplicazione del diritto
collettivo di godimento a favore della collettività utente e proprietaria dei
beni” (...), mentre tali valutazioni, per gli interessi di rango costituzionale
che vi sono sottesi, non possono non essere concrete: cioè, formulate e
apprezzate attraverso il coinvolgimento, di volta in volta, delle popolazioni
interessate» (citata sentenza n. 345 del 1997).
per
questi motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara
l'illegittimità costituzionale dell'art. 56, commi 1, 2 e 3, della legge della
Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10 (Norme in materia di valorizzazione e
razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque
dall'inquinamento. Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali A.T.O. per
la gestione del servizio idrico integrato).
F.to:
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