venerdì 28 dicembre 2012

L'espansione del non-capitalismo


Dal sito brasiliano www.outraspalavras.net riportiamo la conversazione di Paul Mason con Manuel Castells

Il professor Manuel Castells è uno dei sociologi più noti al mondo. Nel 1990 quando i più tecnologicamente attrezzati tra noi stavano ancora lottando per collegare i loro modem a internet, lo studioso spagnolo già documentava la nascita della Società della Rete e studiava l’interazione tra l’uso di Internet, i movimenti di protesta urbani, la controcultura e l’identità personale.
Paul Mason, direttore delle notizie economiche di Bbc Radio, ha intervistato il professor Castells alla London School of Economics sul suo ultimo libro “Aftermath: The Cultures of Economic Crisis” (che si potrebbe tradurre con “Conseguenze: le culture della crisi economica”), ancora non tradotto in portoghese (né in italiano, ndt).
Castells suggerisce che potremmo essere sul punto di vedere la nascita di un nuovo tipo di economia. I nuovi stili di vita danno un senso all’esistenza, ma il cambiamento ha anche un secondo motore: i consumatori che non hanno denaro per consumare.
Pratiche economiche non motivati dal profitto, come il baratto, le monete sociali, le cooperative, le reti di aiuto reciproco e dell’agricoltura, con servizi gratuiti – tutto questo esiste già e si sta espandendo in tutto il mondo, dice. Se le istituzioni politiche si apriranno ai cambiamenti che avvengono nella società – è troppo presto per dirlo. Ecco alcuni estratti della conversazione.


Che cosa significa l’emergere di nuove culture economiche?
Quando menziono la Cultura Economica Alternativa, parlo di una combinazione di due cose. Diverse persone hanno fatto questa esperienza già da un po’ di tempo, perché non sono d’accordo con la mancanza di senso della loro vita. Ora c’è qualcosa di più – è la legione di consumatori che non possono consumare. Dato che non consumano – perché non hanno soldi, niente credito, niente di niente – cercano di dare un senso alla loro vita facendo qualcosa di diverso. Pertanto, è a causa dei bisogni e dei valori – le due cose insieme – che il fenomeno è in espansione.

Lei ha scritto che le economie sono culturali. Ci può dire di più su questo?
Se vogliamo lavorare per guadagnare denaro, per consumare, è perché crediamo che con l’acquisto di un auto nuova o un nuovo televisore, o di un appartamento migliore, saremo più felici. Questa è una forma di cultura. La gente sta rovesciando questa idea. All’opposto, ciò che è importante nella loro vita non può essere comprato, nella maggior parte dei casi. Ma non hanno scelta perché sono stati catturati dal sistema. Che cosa succede quando la macchina non funziona più? La gente dice: “Bene, sono davvero stupido. Io sto sempre correndo dietro qualsiasi cosa”.
Qual è l’importanza di questo cambiamento culturale?
E’ fondamentale, perché scatena una crisi di fiducia nei due più grandi poteri del mondo: il sistema politico e quello finanziario. La gente non ha più fiducia verso il luogo dove depositano i loro soldi, e non credono più in coloro cui delegano il loro voto. Si tratta di una drammatica crisi di fiducia – e se non c’è fiducia, non c’è società. Ciò che non vedremo è il collasso economico per sé, perché le società non possono esistere in un vuoto sociale. Se le istituzioni economiche e finanziarie non funzionano, le relazioni di potere producono cambiamenti favorevoli al sistema finanziario, in modo da esso non collassi. E’ la gente a collassare al suo posto.

L’idea è che se per le banche andrà bene, così non sarà per noi. Lì è il cambiamento culturale. Ed è grande: un discredito totale delle istituzioni politiche e finanziarie. Alcune persone hanno già cominciato a vivere in modo diverso, come possono – o perché vogliono altri stili di vita, o perché non hanno altra scelta. Mi riferisco a quello che ho osservato in uno dei miei recenti studi sulle persone che hanno deciso di non aspettare che la rivoluzione per cominciare a vivere in modo diverso – ossia quel che risulta dall’espasione di quelle che chiamo “pratiche non capitaliste”.

Sono pratiche economiche, ma che non sono motivate dal profitto – reti di scambio, monete sociali, cooperative, auto-gestione, reti agricole, aiuto reciproco, semplicemente la voglia di stare insieme, reti di servizi gratuiti per gli altri, nell’aspettativa che anche gli altri ti aiuteranno. Tutto questo esiste e si sta espandendo in tutto il mondo.

In Catalogna, il 97 per cento delle persone che lei ha intervistato erano impegnate in attività economiche non capitaliste.
Bene, sono mille su 30-40 mila, quelli che sono impegnati quasi completamente in modi alternativi di vita. Io distinguo persone che organizzano la vita coscientemente per mezzo di valori alternativi da persone che hanno una vita normale, ma che hanno abitudini che possono essere viste come diverse, in molti aspetti. Ad esempio, durante la crisi, un terzo delle famiglie di Barcellona prestano denaro, senza interessi, a persone che non sono della loro famiglia.
Cosa è la Società in Rete?
Si tratta di una società in cui le attività principali nelle quali sono impegnate le persone sono organizzate principalmente in rete, piuttosto che in strutture verticali. Ciò che fa la differenza sono le tecnologie di rete. Una cosa è essere in costante interazione con le persone alla velocità della luce, un’altra è avere semplicemente una rete di amici e persone. Esiste ogni tipo di rete, ma la connessione tra tutti loro – siano i mercati finanziari, la politica, la cultura, i media, le comunicazioni, ecc. – è nuova a causa delle tecnologie digitali.

Quindi viviamo in una Società in Rete. Possiamo evitare di viverci?
Siamo in grado di regredire ad un società pre-elettrica? Sarebbe la stessa cosa. No, non possiamo. Anche se molte persone ora stanno dicendo “perché non cominciamo da capo?”. E’ un grande movimento, noto come “decrescita”. Alcune persone vogliono tentare nuove forme di organizzazione comunitaria, ecc.
Intanto, la cosa interessante è che, perché le persone discutano e si organizzino e si mobilitino per la decrescita e il comunitarismo, devono usare internet. Non viviamo in una cultura di realtà virtuale, ma di reale virtualità, perché la nostra virtualità – cioè le reti di internet – è una parte fondamentale della nostra realtà. Tutti gli studi mostrano che le persone che sono più socievoli su Internet sono anche persone più socievoli personalmente.

Ci sono diversi gruppi che oggi protestano sul tema A, domani sul tema B, e la notte giocano a World of Warcraft (gioco on line di avventura). Ma otterranno ciò che Castro e Guevara hanno conquistato?
L’impatto sulle istituzioni politiche è quasi insignificante, perché oggi esse sono impermeabili al cambiamento. Ma se si guarda a ciò che sta accadendo in termini di coscienza… ci sono cose che non esistevano tre anni fa, come il grande dibattito sulla disuguaglianza sociale.

In termini pratici, il sistema è molto più forte dei movimenti nascenti… tu colpisci le menti delle persone attraverso un processo di comunicazione, e questo processo oggi si svolge principalmente su Internet e attraverso il dibattito. E’ un processo lungo, che va dalle menti delle persone alle istituzioni della società. Facciamo un esempio tratto dalla storia: a partire dalla fine del XIX secolo, in Europa, esistevano sostanzialmente i conservatori e i liberali, destra e sinistra. Ma poi è successo qualcosa – l’industrializzazione, i movimenti operai, nuove ideologie. Niente di tutto questo era nel sistema politico. Dopo venti o trenta anni, sono arrivatai i socialisti e poi la divisione dei socialisti… e praticamente i liberali sono scomparsi. Tutto questo cambierà la politica, ma non attraverso azioni politiche organizzate nello stesso modo. Perché? Perché le reti non hanno bisogno di organizzazioni gerarchiche.

Tutto questo dove sta andando?
Tutto questo non costruirà una grande coalizione elettorale, non costruirà nessun nuovo partito. E’ semplicemente la società contro lo stato e le istituzioni finanziarie – ma non contro il capitalismo, contro le istituzioni finanziarie, il che è diverso.

Di questi tempi, accade che le nostre società diventino sempre più ingovernabili e, di conseguenza, potrà verificarsi ogni tipo di fenomeno – alcuni molto pericolosi. Vedremo molte espressioni di forme alternative di politica che scaturiranno dalle correnti principali delle tradizionali istituzioni politiche. E alcune, ovviamente, guarderanno al passato e cercheranno di costruire una comunità primitiva e nazionalista per attaccare tutti gli altri movimenti, e, infine, arrivare ad avere una società esclusa del mondo che opprime il proprio popolo.

Ma succede che in ogni processo di cambiamento sociale disorganizzato e caotico, tutti questi fenomeni coesistono. E il loro modo di agire l’uno contro l’altro dipenderà, in ultima analisi, delle istituzioni politiche, se esse apriranno sufficientemente i loro canali di partecipazione all’energia del cambiamento che esiste nella società. Così forse si potrà vincere la resistenza delle forze reazionarie che sono anche esse presenti in tutte le società.
Traduzione dall’inglese al portoghese di Gabriela Leite, dal portoghese all’italiano di www.democraziakmzero.org.

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