mercoledì 1 agosto 2012

I beni comuni questi sconosciuti


I beni comuni, questi sconosciuti 
Incontro con Giovanna Ricoveri 
Perché diciamo che i beni comuni sono sconosciuti
Prima questione: in che senso si può affermare che i beni comuni sono “sconosciuti”? Certamente
non per dire che prima non esistevano, quanto invece per dire che prima non ne eravamo consapevoli quanto
lo siamo oggi, li davamo insomma per scontati, come un dato di fatto che esiste “a prescindere” da ogni
considerazione ed attenzione specifiche. Si è trattato dunque di un generale processo di rimozione che ha
però seguito percorsi diversi per le due grandi categorie di beni comuni, quella dei beni comuni naturali,
locali e globali (quali l’acqua, l’aria, il territorio, la terra e gli usi civici, le foreste, la pesca, i semi, la
biodiversità, gli oceani, lo spazio), e quella dei beni comuni sociali (quali i servizi pubblici di acqua, luce,
trasporti, sanità e scuola, compreso il diritto alla sicurezza e alla pace).

Nel primo caso, la rimozione si è determinata perché nella cultura e nella pratica politica della
sinistra la natura è stata sottovalutata e considerata  res nullius, qualcosa cui tutti potevano attingere
liberamente e indefinitamente. E proprio tale atteggiamento ha lasciato libere le imprese di fare scempio
della natura, di distruggere l’ambiente che è - o meglio, dovrebbe essere - la casa comune dei viventi, mentre
al contrario è stata ridotta ad un mero fattore di  riproduzione del capitale. Neppure oggi, la sinistra
istituzionale, in Italia e in Europa, è in grado di riconoscere che la ricchezza è frutto non solo del lavoro ma
anche della natura trasformata dal lavoro umano (Giorgio Nebbia).
Nel caso dei beni comuni sociali, il processo di rimozione è stato invece determinato dalla errata






I beni comuni questi sconosciuti

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